sabato 24 ottobre 2009

Una trattoria in Via San Giovanni Sul Muro.

C’è una trattoria in Via San Giovanni sul Muro abbastanza nascosta. E’ una di quelle trattorie che una volta era facile trovare a Milano, riconoscibili per le tovaglie a quadretti e il vino in caraffa di vetro.  Il locale si trova al piano superiore di un bar abbastanza anonimo. Per arrivarci bisogna salire una ripida scaletta di legno a chiocciola per nulla invitante, non a caso il locale si chiana "al burla giò". I più esperti, prima di mettere il piede sul primo gradino sollevano il capo verso l’alto per assicurarsi che nessun avventore scenda. Lentamente e prestando attenzione a ogni gradino si arriva a destinazione. Subito la “sciura”, così la chiamano tra di loro gli avventori affezionati, ti sistema al tuo tavolo, ma bisogna assolutamente aspettare che lo faccia lei altrimenti sono guai. La sciura è un personaggio energico, oserei dire molto sbrigativo e a volte anche piuttosto ruvida, ma chi vuole frequentare questo locale si deve adattare. L’altro giorno, esattamente giovedì scorso, ho avuto l’opportunità di incontrare il Dottor Daniele Ravenna, proprio in questa trattoria.  Daniele Ravenna con Felix Hum sono i due amici di Fred Iltis, che hanno pensato, studiato e realizzato tutto quello che sta avvenendo intorno alla figura e all’opera di questo fotografo.
La sciura ci ha fatto accomodare a un tavolo, finalmente ho potuto chiedere al mio ospite, ma meglio dire amico «Daniele è finalmente venuto il momento di iniziare a raccontare qualche cosa ai lettori del blog, che pensi?» «sì, credo di poterlo fare.  L’idea di far conoscere a tutti le opere di Fred Iltis e di iniziare con una mostra fotografica a lui dedicata nasce da un ricordo lontano, che ha prodotto un’ispirazione: ritrovare un amico di cui si era persa traccia, non sapevamo più niente di lui da una trentina d’anni.  Infatti, insieme a Felix conservavo il ricordo delle fotografie che Fred teneva in cantina, sotto la sua casa di legno a San Jose in California, simile alle altre case di un quartiere come tanti, oggi diventato centrale. Certo l’atmosfera è molto cambiata rispetto ai ricordi del mio primo viaggio.  Oggi il quartiere è abitato da famiglie mexican-american, subentrate ai precedenti immigrati di origine italiana. Pensa che sulla Lick Avenue, la strada dove abitava Fred Iltis, fino a pochi anni fa c’era una cannery, dove facevano i pelati in scatola, una specialità degli italiani» «Hai assaggiato quei pelati?» ho chiesto, Daniele ha sorriso piegando leggermente il viso verso destra e toccandosi i baffi col dito indice «no, no….» poi ha proseguito, tornando a parlare delle origini del quartiere « Josie, Josephine Cali, una donna centenaria che abitava di fronte a Fred, conosceva qualche parola, e molte di broccolino, il dialetto di Brooklyn; pensa che per dire gabinetto diceva u baccause, the backhouse (dietro la casa), perché nei quartieri degli immigrati il gabinetto era nel retro» a questo punto del discorso, Daniele ha fatto una pausa e ha guardato nel vuoto. Il suo pensiero per un attimo si è perso oltre i quadri appesi alla parete di fronte «Ma questa è un’altra storia. Torniamo a Fred, a San Jose in California: giù in cantina, dove lui sviluppava le pellicole usando una vecchia vasca da bagno e stampava applicando un metodo laborioso e complicato.
Fred era un professore di biologia all’università, si era laureato in entomologia a Davis; un tipo rigoroso, apparentemente razionale, uno scienziato; conoscitore della natura» un sorriso «quando lo accompagnavi nella passeggiata che faceva con il cane, il suo Lobo, si fermava ogni tre passi perché c’era sempre una pianta o un arbusto che lo attirava, di cui cominciava a raccontare. Delle foto parlava meno spesso, c’era una specie di pudore, di gelosia…» l’ho interrotto dicendo «Ecco parlami delle fotografie. Certo il blog è aperto da poco ma noi redattori, cioè Mattia ed io non abbiamo ancora scritto niente» «Già le foto! Molte le aveva fatte viaggiando in Messico, “a sud del confine”. Non faceva quasi mai “foto rubate”; al contrario, cercava di parlare prima con le persone, provava a conoscerle, a vincere la diffidenza che i viaggiatori sconosciuti destano in chi li vede arrivare nel proprio paese o villaggio sperduto. Chi sarà questo gringo che gira con una macchina fotografica? Fred, facendo del suo meglio con lo spagnolo, si presentava, chiedeva, s’informava; magari tornava il giorno dopo. Così si spiegano i ritratti che ha fatto, soprattutto quelli delle donne, le più schive e restie a farsi riprendere, con i loro fardelli quotidiani, i pensieri, i bambini.
Come americano, Fred non aveva mai smesso secondo me di continuare a pensare ancora come un europeo della Mitteleuropa. Era nato in Cecoslovacchia, e in America viveva un po’ estraniato da una realtà che forse non aveva mai fatto sua, forse perché non l’aveva scelta, essendo arrivato profugo negli Stati Uniti a soli quindici anni.
Era un pessimista, forse con buone ragioni per esserlo: il suo disincanto era mitigato dalla dolcezza della moglie, Julia, che smussava le asperità di un carattere portato ad analizzare (dopo tutto era un biologo). Era anche e soprattutto allergico alle ingiustizie, non gli sfuggiva la discrepanza tra i principi fondamentali, quelli dei padri fondatori della costituzione del suo nuovo paese, e la loro applicazione pratica, nella realtà.
Gli dispiaceva la visione dove tutto è appiattito, gleichgestaltet come diceva lui, una parola che si usava in tedesco per definire la sintonizzazione di una radio, dove tutti sono costretti ad ascoltare una sola voce, un solo programma.
Aveva un grande senso dell’ospitalità, erano anni di apertura, certo, ma non era di tutti; accettava le persone, ammorbidendo la rigorosità…diversamente, se non fosse stato così, non lo avremmo mai incontrato». Gli spaghetti con il ragù erano arrivati e qui si è conclusa l'intervista. 
Posso scrivere che qualche cosa di più sappiamo e che il nostro viaggio alla scoperta di Fred ha fatto un passo avanti. 
Prima di concludere vorrei ridare una notizia che è già stata pubblicata in uno dei commenti che abbiamo ricevuto, presto ariverà da Salinas, California, nel mese di novembre, una persona che ha vissuto per molti anni a San Jose con Fred Iltis e che lo conobbe molto bene: Diana Borrego Martinez Gonzalez.  Spero presto di darvi notizie o meglio di far raccontare qualche cosa di più su Fred proprio da lei. 
Spesso concludo i miei articoli scrivendo: Milano c’è! Questa volta, più di altre, posso affermarlo!

mercoledì 21 ottobre 2009

Finalmente!

Questa è un'anteprima esclusiva per i lettori di questo blog. Ci siamo, presto potremo vedere i lavori di Fred Iltis! Per vedere ingrandita l'immagine basta cliccare sulla stessa.




giovedì 8 ottobre 2009

Con un libro di studio in mano

Voglio aggiungere qualche cosa che, nell’entusiasmo del “Primo Editoriale”, si è persa e che riguarda il valore fondamentale che le immagini fotografiche hanno in qualità di documenti storici.
Ho tra le mie mani un libro di George Didi-Huberman, "Immagini nonostante tutto".
Leggendo l’intensità delle prime pagine che descrivono l’orrore indescrivibile del “lavoro” degli uomini dei Sonderkommando, Didi-Huberman mi ha ricordato che le immagini sono l’unica possibilità per avvicinarsi al più terribile degli eventi che mente umana abbia potuto concepire e mettere in atto. La realtà per molti inimmaginabile e inesprimibile dei campi di sterminio nazisti attraverso le immagini diventa concreta ed è impossibili sfuggire a essa e alle nostre responsabilità.
Partendo da qui si può sostenere che le immagini hanno la forza di rendere concreti fatti e parole, che grazie a loro diventano realtà tangibili.
Finisco riportando una frase presa dal libro di Didi-Huberman.

«Un giorno d'estate del 1944 i membri del Sonderkommando hanno sentito l'imperiosa necessità, quanto mai pericolosa per loro, di scattare qualche fotografia sul proprio infernale lavoro, foto capaci di testimoniare l'orrore e l'ampiezza del massacro. Strappare qualche immagine a "questo reale". Ma anche - dato che un'immagine è fatta per essere guardata da altri - strappare al pensiero umano in generale il pensiero del "fuori", un "immaginabile" per qualcosa di cui nessuno fino ad allora intravvedeva la possibilità (ma è già dire troppo, poiché tutto fu ben progettato prima di essere realizzato)».


giovedì 1 ottobre 2009

La vita di Fred Iltis


Ho pensato che qualche cosa si debba dire sulla vita di Fred Iltis e ho preso un piccolo brano dal sito in costruzione. Così racconta Daniele Ravenna: «A 85 anni Fred aveva ancora buona memoria per raccontarci la sua vita.
Ci ha raccontato dell sua partenza da Brno, poco prima dell’occupazio­ne nazista della Cecolovacchia, dove era nato nel 1923. “Quando
il treno viaggiava attraverso l’Europa, le ciminiere delle fabbriche
tedesche già in preparativi di guerra fumavano anche di notte, mentre
in Francia solo di giorno”. Il padre, un professore di biologia ebreo che è stato anche biografo di Gregor Mendel, il teorico delle leggi dell’ereditarietà, dovette emigrare con la famiglia negli Stati Uniti.
Durante la guerra Fred fu mandato nelle Filippine, dove conobbe
esponenti in esilio del movimento rivoluzionario cinese e militanti della causa nazionale filippina. Ritornato in America abbandonò per un
periodo gli studi scientifici di biologia per fare l’operaio nelle acciaierie dell’Ohio. All’epoca del maccartismo, partecipando a un progetto
dell’Università di Harvard, rifiutò di collaborare sentendosi vincolato dal giuramento di Ippoccrate, quando si accorse che i risultati scientifici sarebbero utilizzati per fini politici: una ricerca sulle zanzare condotta in Vietnam aveva dimostrato che abitanti della costa avevano contratto un ceppo di malaria delle zone interne del paese, un contagio rivelatore di una possibile complicità con i Vietcong. Quei civili avrebbero perciò rischiato l’arruolamento forzato nell’esercito sudvietnamita o il carcere. Per questa presa di posizione Fred era stato osteggiato dall’ambiente accademico. Dopo molte difficoltà aveva ricominciato l’attività di
ricercatore in California nelle Università di Davis e San Jose, negli anni ’60, all’epoca di Berkeley e della protesta studentesca.
Nel mese di dicembre 2008 ci è arrivata la notizia che Fred Iltis è morto».



Nella foto Fred Iltis da giovane.